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Di Paola Paolinelli e Silvia Piergallini

Immaginatevi sul palco di un teatro…
Avete recitato in uno spettacolo, facendo la parte di tutti gli attori: il comico, il protagonista, il lamentoso, il pedante, il divertente a tutti i costi, la sedotta e abbandonata, la “a-me-non-mi-capisce-nessuno”, Arlecchino, Pantalone, Pulcinella…

Non siete stanchi? Non vi tremano le gambe per il troppo saltellare da un personaggio all’altro? Non vi tremano le mani, stanche per l’aver messo e tolto le varie maschere? Non siete stanchi?

Che ne dite di riporle, in un vecchio baule, le maschere che avete indossato nelle varie fasi della vostra vita? Che ne dite di salutarle come vecchie amiche o come abiti stretti, che ormai fate fatica a indossare? Che ne dite di mostrare la vostra faccia, finalmente? Senza filtri, senza muri…

Mettetevi al centro del palco, nudi dalle idee che avete di voi, dalle idee che pensate che gli altri abbiamo di voi…

A viso scoperto, né Arlecchino, né Pulcinella… semplicemente voi! Le braccia finalmente riposano, le gambe salde e ferme. Il pubblico non c’è. Non serve pubblico nella vostra vita: non è necessario che qualcuno vi applauda e o vi fischi…

Come vi sentite, senza una parte da recitare?

Come vi sentite, senza sentirvi al centro del mondo,nel bene e nel male?

Come vi fa sentire, non vedere la vostra faccia con la piega della bocca all'ingiù e gli occhi a fessura?

Come vi sentite senza essere “tutte-a-me-succedono” o senza quel sorriso stereotipato?Vi sentite senza identità?

Vuoti, come marionette senza mani che le governano?

Accasciati, come burattini a cui hanno tagliato i fili da cui vengono manovrati?

Se non recitate ruoli, se non indossate maschere, non siete, non vi sentite di essere… la vostra identità, quello che pensate di essere, si è costruito su quello che volevano da voi, da come pensavate si aspettassero che foste diventati…

Con mamma e papà bravi e giudiziosi, anche quando avevate voglia di scappare di casa, lontano…

Con i compagni di scuola simpatici, anche se vi sentivate un brutto anatroccolo…

Con le donne seduttori, anche se avete una paura fottuta del contatto…

Con gli uomini ammaliatrici, anche se la vergogna vi farebbe fuggire via…

Con il capufficio efficienti, anche se della scrivania ne fareste un falò…

Con gli amici disponibili e comprensivi, anche se vi siete stancati di ascoltare le disgrazie altrui.

Siete diventati quello che non siete, e senza queste maschere non sapete più chi siete.

Adesso rimettetevi le maschere, una per una, strato su strato…

Le maschere vanno tolte piano, con dolcezza: le maschere non vanno strappate via, farebbe troppo male e il troppo dolore cederebbe il posto ad un’altra maschera, ancora più inflessibile di quella di cui ha preso il posto.

Iniziate a percepire il peso della maschera, lo stridere fra il dentro e il fuori: quello che mostrate agli altri e quello che avete dentro di voi, nel cuore, nell’anima.

Sentite se c’è disarmonia fra quello che provate e quello che agite: avvertite la dissonanza fra l’espressione del viso e l’emozione che avete al centro del vostro petto.

Siate testimoni di una recita. La vostra recita: siate voi il pubblico di voi stessi, per riconoscere quello che siete in ogni momento, quello che sentite in ogni momento, realmente.

Che cos’è la maschera

La maschera è qualunque tipo di difesa o di tratto caratteriale che viene messo a copertura per nascondere, un’altra difesa o un tratto caratteriale più profondo, più grave.

Le maschere comportamentali e i difetti caratteriali sono quell’insieme di difese che abbiamo assunto nel corso della vita, per contenere pulsioni aggressive e sessuali o comunque, proibite; oppure atteggiamenti tendenti a compiacere la propria madre e di conseguenza il prossimo come le figure accudenti in età infantile, il gruppo durante l’adolescenza, il sociale in età adulta ecc.

Le maschere sono atteggiamenti di facciata, apparentemente non fastidiosi, mentre i difetti sono manifestazioni ritenute vergognose: sono entrambi espressione di difese infantili sconosciute o non riconosciute.

Le maschere caratteriali sono atteggiamenti costanti, non autentici, non genuini: non è semplice individuarli e conoscerli, occorre lavorare sulla nostra difesa, è necessario vedere quale pulsione o comportamento vogliamo nascondere.

I difetti caratteriali sono comportamenti aggressivi, violenti, prepotenti, comunque non amorosi, difficilmente accettati e non riconosciuti da ognuno di noi: è più facile che ce ne accorgiamo quando questi atteggiamenti li vediamo negli altri.

Alcune maschere comportamentali e difetti caratteriali:

  • avere un’esagerata cortesia;
  • essere sempre sorridenti;
  • parlare sempre a voce troppo alta o bassa;
  • vestire sempre in maniera trasandata o impeccabile;
  • essere madri perfette e sempre amorose;
  • fare continuamente le vittime, lamentarsi;
  • fare “i compagnoni”;
  • avere perversioni sessuali di ogni tipo;
  • urlare spesso con i figli;
  • picchiare o tormentare i figli, il marito, la moglie;
  • essere sempre critici nei confronti degli altri;
  • parlare “dietro le spalle”;
  • tutte le espressioni d'orgoglio nascosto, di pretesa nascosta;

Le maschere comportamentali e i difetti caratteriali hanno poche differenze, sono molto vicini: la maschera viene vista come un atteggiamento positivo, mentre il difetto come espressione negativa: esaltiamo le maschere, perché non ci rendiamo conto di averle e crediamo invece che sia una buon comportamento, mentre il difetto tendiamo a nasconderlo, a noi stessi e agli altri.

Come nasce una maschera

Nessuno di noi può mostrare interamente sé stesso, perché pochi si accettano per come sono; in maniera più o meno evidente, tutti sviluppiamo delle maschere, che sono sia di copertura che di protezione.

Le maschere nascono perché, fin da piccoli, siamo chiamati a intrecciare complicatissimi rapporti tra la nostra coscienza individuale, la famiglia e la società: è chiaro che le esigenze ed i bisogni personali non sempre possono collimare con ciò che ci viene richiesto dall’esterno, per cui siamo costretti a forgiare delle maschere che, se da un lato ci aiutano a relazionarci con il mondo evitando di sentirci troppo spesso nudi e senza difesa, dall’altro, soprattutto quando sono troppo rigide, ci spingono a nascondere la nostra vera natura, fino al punto di sviluppare un falso Sé.

Il carattere di un individuo è una componente negativa che distorce l’Io, poiché è il risultato di tutte le difese ormai cronicizzate, messe in atto nell’infanzia per difendersi dalle aggressività genitoriali e sociali. Ma quali potrebbero essere le offese subite?

Ipotizziamo che una minaccia di aborto, per un feto, sia un’offesa che genera vissuti angoscianti oppure il costringere un neonato a bere latte, quando non ne ha bisogno, può essere vissuto come noncuranza verso le sue reali necessità, e quindi come rifiuto; un bambino può sentirsi profondamente umiliato, se deriso quando fa la pipì sotto.

Ognuna di queste offese, in special modo se ripetute nel tempo, possono generare difese, cronicizzate nel carattere: un feto rifiutato potrebbe creare un carattere con forti atteggiamenti di chiusura a fronte di vissuti di rifiuto, un bambino nutrito in modo maldestro potrebbe generare caratterialità orale, mentre un bambino deriso, atteggiamenti di derisione per sbagli propri o altrui.

Non esiste quindi un carattere buono, ma ogni carattere è la somma delle maschere poste a protezione del Vero Sé dell’individuo.

Anche il migliore dei caratteri può nascondere un profondo odio viscerale, che non si manifesta per timore e viene trasformato in accondiscendenza benevola: la persona facendo emergere le emozioni negative che protegge, e conosciuta la propria negatività, può ottenerne lo scioglimento e quindi un’autentica comprensione umana nata dal profondo, in sostituzione di quella posticcia caratteriale.

Il carattere è profondamente ancorato nella corazza muscolare, cioè nelle tensioni croniche inconsce di ogni essere umano e che danno origine alla sua caratterialità psichica: per sciogliere l’armatura caratteriale si agisce sia sui comportamenti, che sulla muscolatura.

L’armatura muscolare impedisce agli impulsi naturali profondi ed energetici di raggiungere spontaneamente la superficie dell’essere: essi sono invece deformati, respinti, deviati e perdono la loro bellezza, grazia ed efficacia naturali; conseguentemente divengono sporchi, perversi e appesantiti da elementi negativi.

La presa di coscienza del carattere equivale alla consapevolezza delle proprie negatività e dei motivi che le hanno determinate; contemporaneamente il lavoro sulle tensioni muscolari consente di sentire da quali sensazioni vegetative naturali ci si protegge e per quale motivo storico si sono instaurate.

La corazza caratteriale non è percepita come fastidiosa, mentre il sintomo sì: è necessario sentire le nostre maschere caratteriali come sintomi, per liberarsene.

Dapprima è necessaria la presa di coscienza della nostra corazza caratteriale, che si esprime prevalentemente nell’odio, nell’orgoglio e nell’isolamento; poi, imparando ad amare queste parti deformate di noi stessi, nate dalla relazione genitoriale e sociale della primissima infanzia, perdonarci di essere così, al fine di togliere pian piano energia alla corazza per sviluppare un Io sano vitale, partendo dal nostro Bambino interiore.

Ma chi è il Bambino interiore? È la parte creativa, viva, gioiosa, giocosa e soddisfatta, presente in ogni essere umano: è ciò che realmente egli è, quella parte che ha voglia di gioire, di giocare, di godere. È il frammento che ogni persona possiede e che è realmente in contatto con la Vita, è quella briciola che non si è potuta sviluppare in modo sano e naturale.

Da bambini, nelle manifestazioni di sessualità, vivacità e aggressività, spesso si è stati frustati, umiliati e offesi e, per non soccombere o morirne, si è stati costretti a chiudersi e a soffocare questa componente fondamentale della Persona… e la briciola è rimasta briciola.

Il Bambino interiore, oltre a essere vivace, gaio e creativo è anche molto spaventato, rabbioso, angosciato e distruttivo, laddove è stato offeso ed umiliato.

Un Bambino che ha bisogno di amore e di accettazione: anche in una donna autosufficiente ed autonoma c’è una bambina impaurita e bisognosa di tenerezza; anche in un uomo virile, c’è un bambino altrettanto bisognoso.

Quindi è importante prendere coscienza sia dei nostri difetti, che dei conflitti tra il nostro vero Sé e quello falso, strutturatosi a difesa dei dolori infantili: se mostriamo a noi stessi la nostra scissione schizofrenica, possiamo risolverla con l’amore, la compassione, la comprensione che riusciamo a creare per noi, ritrovando l’unità perduta, alla quale aspiriamo, come autentica pace interiore.

Affinché quella briciola possa crescere e diventare ciò che realmente è…

Cosa nasconde la maschera?

Abbiamo visto cos’è la maschera e come nasce, ora vediamo cosa nascondiamo, indossandola.

Frequentemente le sensazioni dalle quali ci si protegge sono di natura aggressiva e/o sessuale che, da sempre, sono l’oggetto privilegiato delle proibizioni genitoriali.

Ogni essere umano tende naturalmente verso il suo completamento come prescritto nel proprio progetto profondo del Sé, in armonia con la vita e l’Universo.

E' possibile affermare che le offese e i traumi subiti nelle relazioni genitori-figli durante l’infanzia ci impediscono di evolvere psicologicamente e ci fissiamo a comportamenti infantili che manteniamo attivi attraverso le difese caratteriali, le stesse che all’epoca del trauma abbiamo utilizzato per proteggerci.

Ma l’individualità tende comunque a realizzarsi per tutta la vita: dal Sé profondo nasce la spinta verso la naturalità, ricreando situazioni emozionalmente simili a quelle che hanno causato le ferite iniziali.

Smascheriamoci

Abbiamo visto cos'è la maschera e cosa nasconde.

Non pensate sia arrivato il momento di smascherarci,per mostrare a nostri stessi a agli altri il nostro verso Sé?

Il ricreare oggi situazioni simili a quelle di ieri, ha l'obiettivo inconscio di farci prendere coscienza dei meccanismi caratteriali difensivi messi in atto poterli quindi eliminarli, per restituire al nostro sviluppo le sue parti mancanti: in sostanza si procede a ritroso, strato dopo strato, riportando alla coscienza i contenuti affettivi e traumatici rimossi e, insieme con loro, le difese caratteriali che hanno originato e che eliminate, ci permetteranno infine di recuperare il nostro progetto esistenziale più profondo.

Noi riteniamo quindi che la nevrosi, in tutti i suoi aspetti, sia il risultato della deviazione e dell’allontanamento dal proprio progetto esistenziale ed individuale del Sé, un compromesso necessario alla conservazione della vita, mentre attendiamo di ritrovarci per poter continuare a evolvere verso il nostro bene individuale e dell’Umanità intera e dell’Universo.

L’uomo è dotato della capacità di scelta e di libero arbitrio e può quindi decidere di trascorrere la propria vita accontentandosi del livello esistenziale e spirituale che ha raggiunto nell’infanzia oppure può evolvere, facendolo coscientemente e creativamente, o incosciamente utilizzando i fatti della vita.

La creatività è la vera capacità divina dell’essere umano e quindi la sua autentica e reale partecipazione al Tutto.

Proposta di un lavoro pratico

Ora vi proponiamo un lavoro.
Disegnate la vostra o le vostre maschere, quelle che sentite vi appartengono, quelle cioè che indossate più frequentemente.

Dopo aver disegnato la/le maschera/e, rispondete a queste domande:
Che maschera è? Cosa nasconde? Nel caso non ci fosse, cosa avreste paura potesse essere scoperto?

Ora prendete il foglio e strappatelo in tanti pezzettini, percependo l’emozione che provereste se la maschera non ci fosse più. Dissociatevi da questa maschera, con l’intento di percepire le sensazioni/emozioni/percezioni quando rindosserete la maschera: questo vi fornirà la possibilità di acquisire maggiore consapevolezza e presenza durante la vostra giornata.

Se la maschera che sentite più vostra è quella del divertente a tutti i costi, probabilmente fate il simpaticone in alcuni contesti in cui avvertite un certo disagio oppure quando non sopportate la presenza di una persona dal viso serio e tentate di farla ridere.

Provate a rispondere a queste domande:
Eravate il pagliaccio di casa? Durante l’adolescenza vi sentivate poco attraenti e la simpatia era la vostra arma di seduzione? Non tollerate che vicino a voi ci sia qualcuno che soffra?

Lavorare sulle maschere è un esercizio quotidiano e di pazienza; avRete 1000 occasioni per farlo: in ufficio, a casa, fra gli amici, ovunque.

Anche quando passate vicino a uno specchio…
La prossima volta che passerete di fronte ad uno specchio, specchiatevi!

Cosa vedete? Un ghigno, un essere sofferente in cerca di consolazione, un clown, “eleonoraduse”, un “quanto-mi-gira-oggi”?
Soffermatevi, senza giudizio.

Provate a cambiare l’espressione del viso: passare per il corpo vi fornirà la possibilità di un cambiamento di stato anche del vostro sentire.

Essere se stessi è l’obiettivo: a costo di non piacere o di essere impopolari. Ma imparare ad essere se stessi senza maschere, vi darà la possibilità finalmente di saper vivere senza palcoscenico, né applausi; e se arriva qualche fischio, pazienza!

Imparerete ad applaudirvi da soli: è questo ciò che conta veramente. E chi si apprezza onestamente, senza narcisismo, non può che essere apprezzato dagli altri.

Chi vorrebbe perdersi un tale spettacolo di naturalezza?
Addio Arlecchino, addio Pulcinella, addio Pantalone… adesso qui ci sono Io!







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