L’esame critico di alcuni concetti di Freud - seconda parte
Indice
- Dal determinismo psichico al principio di libertà
- Dal principio del piacere al principio della gioia
- Il principio del piacere e il principio di realtà di Freud
Dal principio del piacere al principio della gioia
Abbiamo detto che, secondo Freud, nella dimensione psichica non c’è spazio per la scelta, l’Io psichico deve sottostare alla ferrea legge del principio del piacere che impone la scelta della sofferenza minore. Ma di quale piacere si tratta?
Qui siamo d’accordo con Freud e usando le sue parole possiamo dire che la ricerca del piacere trae la sua spinta da un bisogno insoddisfatto nell’infanzia. Usando invece un linguaggio più nostro, diciamo che si tratta dell'esigenza imperativa di riempire un buco, un vuoto energetico e affettivo vissuto nell’infanzia e soprattutto nella vita fetale e in quella neonatale orale.
Noi sappiamo che questa dolorosissima esperienza di deprivazione dà origine alla ferita narcisistica a cui può sommarsi,nelle prime esperienze negative di allattamento, la pretesa orale.
A causa della ferita narcisistica, per difendersi dal dolore che questa ha provocato, l’Io reagisce con odio, per il quale l’unica riparazione possibile è la vendetta, cioè la distruzione dell’aggressore e non più la soddisfazione del bisogno.
Già nell’utero, quindi, prende forma quel piano che noi chiamiamo progetto vendicativo/distruttivo o omicida/suicida. Alla domanda, quindi, «di quale piacere si tratta» rispondiamo che il piacere cercato è la vendetta per l’offesa subita.
Qui si crea un paradosso, l’Io ferito ha orrore del vuoto che cerca di riempire e colmare in tutti i modi, manifesti o mascherati, ma, nello stesso tempo, non tollera di sentirsi pieno, perché ciò che vuole veramente, come abbiamo già detto, non è la soddisfazione del bisogno ma la vendetta. Cioè, il risarcimento del torto subìto. Infatti che la meta del piacere non sia la soddisfazione è evidente nella ossessiva ricerca di benessere, successo, potere che non sazia mai e che lascia più insoddisfatti di prima.
La ferita narcisistica che colpisce l’Io nello stato embrionale o in quello fetale impedisce all’Io di nascere totalmente, l’Io resta legato a una realtà legata alla sua ferita e qualunque altra realtà, diversa da quella, o non viene percepita o, se viene percepita, viene annullata e distrutta. È un uomo che non è stato riconosciuto come Tu dall’Io che l’ha generato e il successo, la gloria, il potere sono le illusioni con cui l’Io crede di essere finalmente riconosciuto come un Tu.
Ma la ferita narcistica è anche frutto del fatto che l’Io ritenga di aver subito una grave ingiustizia. Ciò porta ad avere una concezione della giustizia che ha perso il contatto con la realtà attuale e si nutre solo di una realtà ideale e fantasmatica.
La pretesa è figlia di tale concezione, il diritto di essere il centro dell’universo attuale per non essere stati il centro dell’universo materno.
Riassumendo, riconosciamo come vera l’affermazione freudiana secondo la quale esiste una relazione causale inconscia fra gli eventi traumatici del passato e gli eventi del presente. Aggiungiamo a questa affermazione che oltre agli eventi della prima infanzia sono da considerarsi anche più decisive le fasi prenatali, natali e postnatali. È vero inoltre, che sintomi somatici, psichici e le difficoltà relazionali sono l’espressione di una realtà inconscia che preme per manifestarsi ma pensiamo che essi siano i messaggi con i quali il sé ci informa che stiamo deviando dal nostro progetto e occasioni per fare una scelta diversa da quella della sofferenza minore.
Quindi esiste la dimensione psichica ma noi postuliamo l’esistenza di un’altra dimensione che potremmo chiamare spirituale, in essa trova spazio quella forza energetica e piena di saggezza che noi chiamiamo sé.
Il Sé contiene il Progetto esistenziale dell’individuo, la sua parte più autentica e naturale, il luogo in cui progettualità individuale e cosmica sono un tutt’uno. Il Progetto del Sé è il progetto dell’individuo così come si sarebbe potuto sviluppare se non fosse stato deviato dal progetto genitoriale.
Noi crediamo che ogni essere umano tenda verso il suo completamento, come prescritto nel proprio Progetto del Sé, in armonia con la vita e L'Universo, per questa ragione riteniamo che la nevrosi sia il risultato della deviazione e allontanamento dal proprio Progetto del Sé. L’alienazione dal proprio Progetto e la nevrosi che ne deriva sono causati da quello che noi chiamiamo Progetto vendicativo/distruttivo.
Il Progetto vendicativo nasce dalla ferita narcisistica e dalla pretesa orale. L’Io ritiene di aver subito una grave ingiustizia a danno dei suoi bisogni biologici, psichici ed esistenziali; ciò spinge l’individuo a cercare per tutta la vita ciò che gli è mancato ma, quando l'ottiene, il progetto vendicativo lo spinge a rifiutarlo.
Prima abbiamo affermato il Principio di libertà, secondo il quale l’uomo è capace di liberarsi totalmente o sostanzialmente dei suoi condizionamenti psichici, può scegliere se amare o odiare, ed è responsabile della sua scelta.
Solo dal Sé può venire la forza di rinunciare al piacere malsano, che è frutto della pretesa di risarcimento e del Progetto vendicativo, un piacere che è sempre a portata di mano e che segue la legge della sofferenza minore. Dal Sé nasce la scelta di una sofferenza maggiore, quella di attraversare il vuoto, il deserto, dove accettiamo di far morire il bambino ferito che è in noi e diventiamo adulti.
Il principio del piacere e il principio di realtà di Freud
Ma il Principio di Realtà risolve la pretesa? Come si rinuncia al progetto vendicativo? No, il principio di realtà non mi fa rinunciare alla meta, ove per meta intendiamo il risarcimento per i torti subiti, il principio di realtà mi permette di perseguire la meta senza andare incontro a punizioni o biasimo.
Il principio di realtà freudiano, a nostro parere, non è altro che il progressivo costruirsi delle maschere caratteriali.
Infatti la realtà freudiana è un realtà imposta dalle circostanze esterne, ancora una volta non è il frutto di una scelta libera e responsabile. Noi crediamo che le maschere, cioè le difese caratteriali, siano necessarie perché sono le sole a proteggerci quando siamo più vulnerabili, ma appena è possibile, se vogliamo riappropriarci del nostro progetto del sé, esse debbono essere svelate e procedendo a ritroso, strato dopo strato dobbiamo riportare alla luce le ferite per poter rinunciare al progetto vendicativo, cioè al piacere sado-masochistico.
La vera realtà da accettare è l’esperienza del vuoto e la rinuncia a coltivare l’illusione di colmarlo.
Questo passaggio non è spontaneo, per farlo bisogna affrontare la sofferenza e la paura di morire, anche se a morire non siamo noi ma il nostro Io psichico, il nostro Ego. La morte dell’Ego è come una morte vera perché per tutta la nostra vita ci siamo identificati in lui e non sappiamo cosa resterà dalle sue ceneri, ovvero temiamo che non resterà nulla. È vero, non resterà nulla di ciò che eravamo ma troveremo finalmente ciò che siamo, questa esperienza è ciò che Mercurio definisce gioia.
Il principio della gioia ha un andamento dialettico, come per le stagioni la vita si alterna dialetticamente con la morte. Così nella dimensione spirituale la gioia nasce dialetticamente dal dolore. Si rinasce solo accettando di morire, chi non accetta questa legge non scoprirà mai la gioia.
Il principio del piacere psichico ha invece un andamento lineare. Si può dilazionare il piacere differendo la meta, ma la ricerca del piacere non tollera fratture.