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L’odio e l’alienazione dalla colpa - seconda parte

di Laura Rita

Indice

L’odio e la rimozione nella vita fetale

Nelle pagine precedenti avevamo detto che l’odio è la risposta difensiva dell’Io Persona del feto che percepisce la minaccia biologica anche come un’offesa, una ferita narcisistica al suo orgoglio, una grave ingiustizia. Avevamo anche detto che l’Io Persona, insieme al Sé rappresentano la componente spirituale dell’uomo, quindi l’odio è una risposta della dimensione spirituale. Avevamo anche sostenuto che, insieme all’odio, rimuoviamo anche la colpa che vi è associata.
Ripartiamo da questo punto.

Molti di noi incontrano una certa difficoltà ad accettare l’idea che un embrione, un feto, possa nutrire un sentimento come l’odio. Sarà anche più difficile, quindi, credere che possa esserne colpevole, al punto da sentire la necessità di nascondere a sé stesso e alla madre tale colpa.

Se però, condividete con me l’assunto di base secondo il quale l’uomo non può essere ridotto solo alla sua componente psichica o a quella biologica, se siete d’accordo che egli può, se vuole, liberarsi dei suoi condizionamenti psichici e corporei, allora ammettete con me, che questa libertà gli viene da qualche altra risorsa.
Secondo noi deriva dalla componente che abbiamo chiamato spirituale.
Torniamo al feto.

Il feto possiede la componente spirituale? Secondo noi sì. Non si capisce perché essa debba essere posta in un altro momento del suo sviluppo. Qualcuno può obiettare che il feto non è cosciente di sé stesso, quindi come può rimuovere? Allora quando ne diventa capace? Con l’età della ragione? Dipende quindi dalle sue capacità mentali, o dall’influenza dell’ambiente?
Così riduciamo nuovamente l’uomo al suo psichismo, vittima dell’ambiente, lo priviamo nuovamente della sua capacità di essere libero, di autodeterminarsi.

Come vedete è molto più logico stabilire che l’uomo nasce con tutte e tre le dimensioni, divenendone via via sempre più cosciente, utilizzandole prima in modo rudimentale e in seguito raffinandole sempre più.
È anche logico supporre che il feto, non solo rimuove, ma che, data la sua vulnerabilità e le sue scarse difese faccia, semmai, un uso massiccio della rimozione.

Stabilita, quindi, l’esistenza della dimensione spirituale sin dal concepimento, vediamo quale parte ha nel vissuto intrauterino.
Penso siamo tutti d’accordo nell’affermare che la madre può sia consapevolmente, sia inconsapevolmente attaccare il feto e tentare d’abortirlo. Siamo anche d’accordo, penso, che il feto tenterà di proteggersi adottando una qualche difesa.

La componente sensoriale registrerà il pericolo (la paura) e darà l’allarme, i centri nervosi si attiveranno e invieranno dei segnali al corpo che reagirà. Come? Non c’è molta scelta in quella situazione, l’unica possibilità è il ritiro dell’energia vitale verso i nuclei profondi in una sorta di fuga dentro sé stesso, lontano il più possibile dal nemico che si trova nell’ambiente uterino.

Il feto può solo fuggire o può anche attaccare?
Offeso e umiliato l’Io Persona non si accontenta di difendersi, deve umiliare a sua volta, il nemico non può solo essere reso inoffensivo, deve essere annientato, distrutto. Allora, decide di attaccare, ma siccome in quella situazione rischia di distruggere anche sé stesso è costretto a fuggire nuovamente.

Prima odia e poi, per paura, rimuove promettendo a se stesso di vendicarsi quando le condizioni lo permetteranno.
Vi sembrano troppo forti; i termini che ho usato?
Allora come spiegate la bomba atomica, la progressiva distruzione dell’eco-sistema e del nostro meraviglioso pianeta, l’olocausto, gli orrori della guerra in serbia, le stragi familiari, le madri che si suicidano portando con sé i figli?

Ma mai nessuno lo chiama odio.

La nostra visione e quella di Mercurio non è pessimistica. Anzi, quando affermiamo che l’uomo è libero, diciamo che è libero, se vuole, di decidere di perdonare, riparare, amare.
Ma non può farlo se prima non riconosce di essere anche pieno d’odio, non riconosce questo come una colpa e, invece di vendicarsi, decide di riparare a questa colpa in modo creativo e non distruttivo.

Diceva qualcuno: «Volete essere felici per un istante? Vendicatevi. Volete essere felici per sempre? Perdonate».
Passiamo a parlare della colpa.

Il problema della colpa

«Il problema del male e della colpa ha sempre assillato la mente umana», dice Mercurio nel suo libro Amore, libertà e colpa. Da sempre l’aspetto morale della colpa è stato patrimonio esclusivo delle religioni, Mercurio ci porta alcuni esempi di quella ebraica e cristiana.

I profeti ebraici chiedono che la colpa venga riconosciuta, accettata e superata con la conversione. Come risponde il popolo? Con le vittime da portare al tempio, cioè proiettando le colpe sul capro espiatorio.

Qui vediamo all’opera uno dei meccanismi più nefasti e diffusi di negazione della colpa. Tutti i fenomeni di razzismo ed emarginazione vanno interpretati come pseudo-soluzioni al problema della colpa: superare la colpa proiettandola fuori di noi su un’altra persona che poi emarginiamo per poterci sentire più tranquilli.

Nel cristianesimo dei primi tempi la colpa viene riconosciuta, accettata e perdonata in seno alla comunità. Il perdono è ricevuto in nome di Cristo. Al posto del capro espiatorio c’è ora un salvatore.

Ma andando avanti nel tempo, la comunità scompare, o resta solo un fenomeno culturale, rimane la confessione ma non più alla comunità. È il prete che giudica chi ha peccato contro Dio e contro gli altri e assolve in nome di Cristo.

Nel commettere la colpa sono in rapporto con gli altri, ma nel riconoscerla e riparare mi rapporto a una terza entità che è il prete. Per il cattolicesimo, quindi, l’uomo è libero ma solo di commettere la colpa, non di riscattarla.

Vedete quale alibi diventa il perdono dato dal prete? Quale alienazione dalla propria colpa? E quale potere si arroga la Chiesa cattolica?
Questa è una delle ragioni per cui quasi tutti, a sentir parlare di colpa si ribellano. In più, siccome il concetto stesso di colpa è associato all'idea di Dio, un altro dei tentativi di eliminare la colpa è negare l’esistenza di Dio, ci riferiamo qui a un certo ateismo e materialismo esasperato e di comodo.

Con l’arrivo di Freud l’uomo non viene trattato meglio. Non esiste la colpa, l’uomo è preda delle sue pulsioni che può solo reprimere o sublimare, ancora, non è libero. Se compie il male è solo perché in lui è prevalso thanatos, l’istinto di morte, un istinto, quindi, non una scelta.

Non può quindi essere considerato colpevole, è vero, non è più un peccatore, ma è nevrotico, cioè malato di sensi di colpa. Almeno i cattolici ci riconoscono la libertà di peccare! Freud, nemmeno questo.

Ma attenzione! Non capite male, noi siamo d’accordo con Freud che l’uomo è malato di sensi di colpa, ma non accettiamo di ridurre la colpa reale a senso di colpa.

È necessario a questo punto fare un po' di chiarezza:
qual è la differenza fra senso di colpa e colpa reale?

Il senso di colpa

Il senso di colpa corrisponde ad una sensazione penosa, un misto d’ansia, vergogna e indegnità che può comparire prima e/o dopo un’azione che giudichiamo o immaginiamo che sia giudicata riprovevole, e quindi punibile. La punizione temuta è la perdita dell’amore, stima e considerazione degli altri.

La punizione è temuta ma anche ricercata a causa del bisogno di espiare, di essere assolti, e perché, anche se dolorosa mette fine, per un po’, all'attesa torturante che capiti qualcosa.

Le forme che assume la punizione sono le più varie: continui insuccessi professionali e affettivi, lesioni fisiche o accidentali, ma anche ogni tipo di stato d’animo che assuma una caratteristica ripetitiva e persecutoria (angoscia, pensieri ossessivi ecc.).

Il senso di colpa può essere conscio o inconscio. Il senso di colpa non discrimina tra desiderio e atto anzi, giudica con la stessa severità entrambi.

Per Freud, e noi siamo pienamente d’accordo, il senso di colpa ha la sua matrice nel Super Io, in quella parte dell'Io, cioè, che diviene il deposito delle proibizioni e delle aspirazioni genitoriali. Per noi, il Super Io è il rappresentante del progetto genitoriale. Il senso di colpa, dice Mercurio ha le sue radici anche nel Sé, ora vediamo perché.

La colpa reale

Cosa intende Mercurio per colpa reale?
La colpa reale si fa sentire attraverso i sensi di colpa oppure si manifesta come un disagio esistenziale, vago e continuo, d’insoddisfazione di sé e della propria vita. Più forte è l’alienazione dalla colpa reale più intensi, si fanno i sensi di colpa e i meccanismi autodistruttivi.
Il senso di colpa viene dal Super Io, la colpa reale viene dal Sé.

Per il Sé, sede del nostro progetto individuale unico e irripetibile, ogni scelta o azione che impedisce il nostro sviluppo come persone, capaci di amarci, amare, essere riamati, soggetti capaci di verità, libertà e scelta è una colpa.

Il senso di colpa non corrisponde a una colpa vera, non solo perché spesso si presenta in modo vago e indistinto, ma perché il criterio con cui stabiliamo la nostra colpa si basa su presupposti errati, e cioè sulle nostre paure, sui nostri bisogni infantili, sui ricatti affettivi che abbiamo subito.

Ecco perché non può esserci soluzione a questa colpa se non la punizione, non è riparabile perché non è una colpa vera.

Per la colpa reale è diverso, la valutazione del Sé viene da ;dentro, non da fuori come per il Super Io. Ci riguarda profondamente e soprattutto è una colpa che non cerca punizione ma riparazione, se solo viene riconosciuta.

Mercurio fa un esempio molto chiaro nel suo libro: una ragazza che sia ormai pronta ad essere autonoma, che voglia uscire dalla casa dei genitori e andare a vivere da sola, può sentirsi in colpa a farlo, soprattutto se i suoi genitori sono molto possessivi e ricattatori.

Il senso di colpa corrisponde in questo caso a una colpa reale? No. È giusto che desideri di fare la sua vita. Ma se non lo fa, allora sì, commette una colpa reale, se è capace di liberarsi e non lo fa commette una colpa verso se stessa mutilando il suo sviluppo personale.

Quindi sotto a ogni senso di colpa si nasconde una colpa reale, provate a esercitarvi su voi stessi e vedrete che è così.
Mercurio dice: «l’uomo è libero, quindi può scegliere, allora quando non sviluppa il suo progetto individuale è colpevole». Ma non è così semplice. La libertà è solo potenziale, va sviluppata con un lungo processo, così come la capacità di scegliere e di riconoscerci responsabili delle nostre azioni.

Gran parte del cammino che facciamo in analisi è dedicato a questo. All’inizio non è conveniente parlare di colpa reale se non in via puramente teorica, anzi, semmai le persone hanno bisogno d’essere decolpevolizzate, liberate dal condizionamento terribile dei sensi di colpa, anche per azzittire il Super Io e fare spazio finalmente al dialogo con il Sé.

Oppure, se non sentono i sensi di colpa (per esempio: atteggiamento strafottente difensivo), perché li negano, le persone vanno prima aiutate a sentirli per poi liberarsene. Il perfezionismo, per esempio, è uno dei modi con cui si nega e ci si aliena dalla colpa.

Chi riesce ad essere colpevole e lo riconosce ha già fatto gran parte di questo cammino. Mercurio dice: «bisogna avere il coraggio di essere colpevoli».
Liberandoci dei sensi di colpa, impariamo a volerci bene e possiamo finalmente sbagliare e avere fiducia nella nostra capacità di riparare alla colpa, di perdonarcela e di essere perdonati.


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