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L’odio e l’alienazione dalla colpa - prima parte

di Laura Rita

Indice

Odio e amore: due componenti della stessa forza

C’è una prima importante affermazione che noi dell’Arcano condividiamo con Mercurio: l’odio e l’amore sono due aspetti della stessa forza.

Gli esseri umani, invece, li hanno separati e, adottando il modo di funzionare assolutistico che abbiamo visto nella pagina precedente, hanno associato tutto il negativo all’odio e tutto il positivo all’amore.

Noi pensiamo, al contrario, che ciascuna di queste due forze può avere una finalità costruttiva o distruttiva. Ma soprattutto l’una non può esistere senza l’altra.

Dice Mercurio: «Un artista che dipinge ha bisogno di tutti i colori. Può fare un quadro solo con il colore bianco o solo con il colore nero?». O, ancora, per ottenere la luce da una lampadina abbiamo bisogno sia del polo positivo, sia di quello negativo, è dalla sintesi di questi due opposti che si sprigiona l’energia necessaria alla luce.

Se volete, sul piano energetico, l’oscillazione tra i due poli corrisponde al ritmo della pulsazione vitale senza la quale non può esistere la vita, pensate alla respirazione, alla continua oscillazione tra inspirazione ed espirazione, l’una senza l’altra porterebbe alla morte. La negazione dell’odio è un po’ come una morte spirituale.

Per fare la sintesi dell’odio e dell’amore bisogna conoscerli entrambi per poi poter estrarre l’odio che c’è nell’amore e l’amore che c’è nell'’odio.
La separazione tra odio e amore ha generato una modalità di esistere e di pensare scissa.

Il pensiero schizofrenico genera continue scissioni, eccone alcune:

  • tra mente e corpo (Cartesio);
  • tra corpo e spirito (religione cattolica);
  • tra bello e brutto;
  • tra buono e cattivo;
  • tra gioia e dolore;
  • tra vero e falso;
  • ecc.

Quali sono le conseguenze della separazione tra odio e amore? La prima conseguenza è la rimozione dell’odio.

A causa dell’ideale di perfezione, l’odio, che abbiamo imparato a considerare solo come male, deve essere rimosso e con esso la colpa. Poi, per mantenere intatta questa menzogna dobbiamo costruire una maschera comportamentale, che corrisponda a quell’ideale di perfezione, con la quale finiamo per identificarci.

Nella prossima pagina approfondiremo il concetto di colpa che è associato all’odio, insieme con un'altra caratteristica che accomuna l’amore e l’odio: secondo il pensiero di Mercurio e il nostro, entrambi sono frutto di una scelta.

L’odio rimosso è, quindi, il collante delle nostre maschere caratteriali, ovvero, delle nostre difese, e l’ostacolo più ostinato al raggiungimento dell’unità con noi stessi.
Per questa ragione la nostra tecnica analitica dedica tanti sforzi al riconoscimento, accettazione e risoluzione dell’odio.

Contemporaneamente però, è anche mirata a sviluppare l’amore per noi stessi, perché solo l'’amore per noi stessi, e quindi la nostra capacità riparativa, ci rende capaci di perdonarci, e solo la capacità di perdonare può darci il coraggio e la forza di riconoscerci colpevoli senza temere che questa verità ci distrugga.

Gli artefici dell’odio: l’angoscia di morte e l’orgoglio ferito

Ora facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire quando e perché nasce l’odio.

L’odio nasce come risposta difensiva sin dalle prime, traumatiche, esperienze uterine. La totale vulnerabilità del feto, fa sì che ogni esperienza di deprivazione si traduca, immediatamente, in una minaccia di morte e in un dolore intollerabile. L'Io Persona del feto percepisce la minaccia biologica come un'offesa, una ferita narcisistica al suo orgoglio, una grave ingiustizia.

La realtà uterina in cui il feto si sente unico e onnipotente, e l’oggettiva condizione di fragilità e impotenza, alimentano e scatenano l’orgoglio e l’odio vendicativo. A questo punto, però, l’odio rappresenta un pericolo ancor più grande perché la sua forza distruttiva minaccia l’integrità dell’intero sistema fetale e del suo mondo, la madre.

Per salvaguardare la propria unità e integrità il feto deve salvarsi una seconda volta così, operando la prima e più nefasta scissione, rimuove l’odio autoconvincendosi, che l’oggetto d’amore interno ed esterno è ancora intero, che non l’ha distrutto, che non è colpevole, e se non lo è può vivere ancora.

Qui si crea la prima menzogna, una menzogna che risponde al bisogno di preservare la vita ma che porta a un’unità con se stessi che è solo apparente. La combinazione angoscia-orgoglio e odio-odio rimosso è così creata, ciò spiega perché spesso dietro alle manifestazioni d’angoscia troviamo un nucleo d’odio che minaccia di rivelarsi alla coscienza insieme a una colpa che orgogliosamente (ideale di perfezione), neghiamo di avere.

Prima abbiamo affermato che la rimozione dell’odio ha lo scopo di proteggerci dagli effetti della nostra stessa volontà distruttiva, oltre a ciò, però, c’è un altro motivo per cui non rinunciamo all’odio, non vogliamo privarci di un potere: quello di vendicarci.

Parleremo del progetto vendicativo nella prossima pagina, per ora vi basti sapere che con la vendetta, alla gioia di riparare si sostituisce il piacere malsano di essere ripagati.

L’odio rimosso sin dalla vita intrauterina: l’incesto intrauterino e il piacere sadomasochistico

La necessità di rimuovere l’odio per preservare l’unità, fa operare anche un'altra scelta: quella di sostituire il bisogno dell’unità con sé stessi con il mantenimento dell’unione simbiotica con la madre. Questa situazione Mercurio l’ha denominata incesto intrauterino.

In poche parole si tratta di un patto, stipulato già nella fase uterina, fra madre e figlio o figlia, in base al quale la madre si arroga il diritto di vita e di morte sui propri figli, mentre questi, sviluppano un attaccamento profondo a questo possesso imparando a trarne un piacere malsano.
Lo stesso piacere che troviamo nel rapporto tra un sadico e un masochista, tra torturatore e torturato, tra vittima e carnefice.

Per far comprendere quanto sia forte, e irresistibile, l’attrazione e l’attaccamento all’incesto uterino, Mercurio ci porta come esempio il film Lezioni di piano.

La protagonista si è finalmente liberata del marito e della zia, e ha finalmente trovato un uomo che l’ama profondamente, ciò nonostante quando sulla barca dice: «buttate giù il pianoforte», mette il piede dentro la fune e si lascia cadere nel mare insieme al pianoforte.

Cosa cerca in fondo al mare? Cosa l’attrae? La madre e l’incesto a cui non vuole rinunciare ma che può distruggerla e con lei il suo progetto del Sé che finalmente si sta per realizzare. Solo alla fine, quando è a un passo dal morire cambia idea e si salva.

Mercurio definisce l’incesto intrauterino come il tiranno che può essere distrutto solo con l’astuzia. Bisogna servire il tiranno per vincerlo e liberarsi.

Prima uscendo dal ruolo di vittime, poi riconoscendo il piacere che ne ricaviamo a esserlo. Siamo attaccati alle nostre situazioni tragiche e angosciose, ci sentiamo santi ed eroi; è vero, ci fanno soffrire, ma ne abbiamo anche bisogno, per mantenere intatto l’incesto.

Quell’unione malsana, quell’unità simbiotica, potrebbe essere l’unica percezione che abbiamo di noi stessi, perciò rinunciare a essa è come morire, in realtà è la morte dell’Io psichico, non è una morte biologica.

Il primo passo è quello di uscire dal binomio ribellione-rassegnazione per iniziare un processo d'accettazione, che è attivo, non passivo. È un percorso dialettico in cui accetto di piegarmi e contemporaneamente decido di non restare schiavo per l’eternità come vorrebbe mia madre e il bambino che è dentro di me.

Chi ha visto il film Le ali della libertà può prendere ad esempio di quanto ho detto la scelta del protagonista, Andy, che si mette al servizio delle guardie e del direttore del carcere in cui si trova, per guadagnarsi la loro fiducia, mentre in realtà sta scavando un tunnel nella sua cella che gli darà la libertà.

C’è un momento delicatissimo in cui, quando il direttore uccide l’unica persona che può scagionarlo, Andy rischia di cadere nello sconforto e invece, pur nel massimo dolore si rimette al servizio del tiranno, scappando e costringendolo a uccidersi con le sue stesse mani.


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